Acqua privata o pubblica?

1 gennaio 2014

Ora il movimento dell’acqua italiano è ad un passaggio determinante e molto delicato. Dopo il voto di fiducia del parlamento sulla legge 135 art. 23 bis. si è determinata una reazione diffusa nella società italiana. Un argomento discusso e sofferto da pochi, è diventato interesse e inquietudine di molti.

Il rubinetto di casa nelle mani delle multinazionali, questo è stato l’argomento forte. E’ stato un qualcosa che ha costretto a pensare al proprio futuro, qualcosa che ha rotto il muro di silenzio mediatico che ha tenuto la nostra impresa per tutti questi anni, nella dimensione lillipuziana. Oggi la questione dell’acqua in quasi tutti i suoi aspetti ha conquistato le pagine dei giornali, è argomento di reportage televisivi, suscita interesse negli uomini e donne della cultura e dello spettacolo.

Acqua privata o pubblica? Aumenteranno le tariffe? Migliorerà il servizio? Funzionerà meglio l’azienda erogatrice del servizio?

Queste domande sono diventate scontro politico nel paese, sono nella agenda dei partiti, che per quanto ancora incapaci di coglierne il valore paradigmatico e lo trattino ancora marginalmente rispetto alle loro vocazioni, sono costretti a pronunciarsi investiti dalle contraddizioni interne o in altri casi solo per cavalcarla elettoralmente.

Ma questa diffusa sensibilità è comunque un gran salto rispetto a 10 anni fa quando il Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua iniziava in solutidine, assieme ad alcune ONG, la sua predicazione girando in lungo e in largo l’Italia, dava vita a due Forum Mondiali alternativi e partecipava a tutti i Forum Sociali Mondiali.

Oggi c’è un Forum dei movimenti dell’acqua presente in tutto il paese, capace di sviluppare campagne, di essere un interlocutore di sindaci e amministratori, capace di stimolarli e farli scendere in campo nello scontro contro il chiudersi completo del processo di privatizzazione dei servizi idrici. Capace di chiamare i consigli comunali a dimostrare la propria autonomia dai partiti che li hanno espressi.

Con la necessità di fermare la privatizzazione e sullo sfondo la ripubblicizzazione, il Forum dell’acqua è impegnato a realizzare tre obbiettivi: fare della manifestazione nazionale che si terrà a Roma il 20 Marzo un grande momento di lotta politica; intensificare la campagna per portare il maggior numero di comuni a votare l’impegno a cambiare i propri statuti per inserirvi che l’acqua è un servizio privo di rilevanza economica. Indire un referendum abrogativo delle leggi di privatizzazione.

Realizzare tutto ciò e riuscire a formulare dei quesiti che vengano accettati dalla Corte Costituzionale, raccogliere in tre mesi 600000 firme autenticate, e poi vincere raggiungendo il quorum il referendum stesso, sono le ragioni del perché il Forum dell’Acqua è ad un passaggio determinante e delicato.

Vorrei spiegarmi meglio evidenziando alcune delle contraddizioni che a me sembra, attraversino il movimento in questo impegnativo momento. Cominciando con il dire che non so se tutti condividono che il referendum è il vero elemento di scontro politico. Quello che dà senso e sbocco nazionale sia alla manifestazione che alle adesioni al cambio degli statuti comunali.

Il solo in grado di far entrare nella coscienza di 60 milioni di italiani i contenuti per i quali lottiamo da anni e tradurli in risultati istituzionali. Pertanto occorre perseguirlo con estrema convinzione, coscienti che è ancora tutto da “conquistare” a cominciare dalla formulazione dei quesiti.

Sapendo che per vincere occorrono due elementari atteggiamenti: – l’unità interna. Che si realizza ascoltando le idee e le preoccupazioni di tutte componenti del movimento; – allargare al massimo il fronte dell’impresa. estendendolo a tutti quanti intendono opporsi alla legge 135, dai sindaci ai partiti, senza steccati e atteggiamenti ideologici.

Ma è mia convinzione che in vista di questi cimenti abbiamo altri problemi e rischi che dobbiamo affrontare.

La cultura dominante cerca di trascinare tutti sul terreno economico delle tariffe, dell’efficienza, efficacia, economicità aziendale, tutti risucchiati su queste comparazioni tra servizio pubblico o privato anche i media amici. Anche noi stessi siamo risucchiati da questa cultura e dalla convinzione che la gente capisce solo le cose quando toccano il loro portafoglio…ancora economia….sempre economia.

Ma noi, è bene ricordarlo sempre, siamo su di un altro terreno che è quello dei diritti universali. Noi ci siamo costituiti in associazione e contribuito a dar vita ad un movimento per affermare il Diritto Umano all’Acqua, per impedire un tragico passaggio epocale che è quello della mercificazione di uno degli elementi fondamentale alla vita, come lo è la terra ormai mercificata, come l’aria in via di mercificazione, come i semi con i brevetti sulla proprietà intellettuale. E’ da qui che partiamo quando cerchiamo di fermare la privatizzazione dei servizi idrici.

Da qui partiamo anche quando scendiamo sul terreno del confronto sulle tariffe, è perché vediamo in questo il modo con il quale si escludono uomini e donne dal diritto all’accesso. E quando scendiamo sul terreno dell’efficienza del “servizio”è perché vogliamo non venga sprecato quel liquido vitale, che sia di buona qualità, sia controllato nella sua potabilità, in una parola sia di nuovo garantito il diritto.

Mi si dirà che è scontato, ma non è così, di diritto si parla sempre meno, anche tra di noi, spesso accettiamo come oggettivo il piano della discussione tariffaria, spesso ci lasciamo trascinare in tecnicistiche disquisizioni assolutamente prive di senso, su SPA in house e aziende speciali.

Dimentichiamo che parliamo di acqua e che non possiamo trattare l’argomento servizio idrico come una delle tante privatizzazioni. Abbiamo il compito di ribaltare completamente l’approccio.

La potabilizzazione dell’acqua, le reti idriche, quelle fognarie ecc..per noi non sono le attività di una azienda, non sono nemmeno un servizio, sono qualcosa di più; sono le manifestazioni dell’accesso ad un diritto umano fondamentale. I cittadini non sono clienti di una azienda e nemmeno utenti di un servizio, sono portatori di un diritto.

L’acqua potabile, non è il prodotto di una azienda, da vendere e consumare sempre più, ma un bene comune che va sempre più risparmiato. ecc…

Questo non è un approccio economico, è un approccio che riporta al primo posto il diritto, il che significa che è questo che dobbiamo far emergere nelle impegnative battaglie che abbiamo da affrontare con i contenuti che da tempo abbiamo indicato: – garantire il diritto umano attraverso i 50 litri al giorno per persona, gratuiti e a carico della fiscalità generale; – introdurre un prelievo tariffario progressivo oltre i 50 litri per sconsigliare i consumi eccessivi; – vintrodurre l’abuso per chi consuma oltre il lecito.

Garantire il diritto e garantire il risparmio non sono parametri economici, sono politici. Questo approccio, mi sia permesso, è molto più politico e di “linea” che quello implicito nello spaccare il capello tra fermare la privatizzazione o imporre la ripubblicizzazione attraverso l’abrogazione di una o più leggi.

Gli scenari concreti nei quali si colloca la battaglia referendaria vanno guardati senza gli occhiali dei nostri desideri.

Il movimento chiede la ripubblicizzazione.

Ma la realtà delle privatizzazioni nel nostro paese alla vigilia del referendum abrogativo e dello svolgersi della campagna per la modifica degli statuti è questa:

  • 1° Tutti i servizi idrici sono gestiti da SPA, salvo alcune piccole realtà di montagna che lo gestiscono in economia o in forma comunitaria.
  • 2° Nessuna realtà ha intrapreso la ripubblicizzazione.
  • 3° Su 101 ambiti territoriali esistenti: 37 sono gestiti da SPA partecipate dal privato, totalmente private, di cui alcune quotate in borsa (in molti casi il servizio è gestito da multiutility privatizzate.) e 64 sono gestiti con SPA in house totalmente a capitale pubblico.
  • 4°La legge 135 art. 23 bis prende di mira questo ultimo presidio pubblico, obbligando i comuni a far entrare i privati nelle SPA in house.
  • 5° Se non verrà fermata questa legge entro il 2011 tutte le SPA saranno partecipate dai privati con convenzioni dalla durata di 30 anni ed è già in atto
  • 6° Le quotate in borsa entro il 2015 dovranno concedere al privato il 70% del pacchetto azionario.
  • 7° Ancora, le quotate prenderanno d’assalto tutte le SPA attraverso l’assorbimento,senza nemmeno la gara.
  • 8° In tutte le privatizzate c’è la presenza delle multinazionali SUEZ e VEOLIA.
  • 9° la tendenza maggioritaria dei comuni in SPA in house è quella di far entrare i privati.
  • 10° Una volta esteso in tutta la realtà del paese l’ingresso dei privati, chi vorrà ripubblicizzare dovrà rompere le convenzioni e pagare pesanti penali ai privati.

Da qui la imprerogabile necessità del referendum che salvi le SPA in house.

Da qui la necessità per tutti noi di modulare i quesiti in modo di avere con noi il massimo dei sindaci, da qui la necessità di avere con noi parte del PD e della Lega oggi in sofferenza proprio sul dispositivo dell’obbligatorietà del decreto Ronchi.

Una grande partita, un possibile grande salto di qualità nella battaglia strategica per i beni comuni, una grande occasione da non perdere.

Emilio MolinariCIPSI

12.3.2010

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